-- Lebbroso guarito --
Lv 13,1-2.45-46; 1Cor 10,31 - 11,1; Mc 1,40-45
-- (riflessione di p.Sergio Bastianel SJ) --
Un lebbroso si presenta a Gesù e gli chiede di essere liberato dalla sua condizione di malattia e di segregazione sociale connessa alla lebbra. Osa presentarsi, perché in qualche modo sa che può farlo, che può chiedere a Gesù la guarigione: “Se vuoi, puoi purificarmi”.
Gesù lo accoglie, lo tocca e con ciò lo guarisce. Gli dice di non dirlo in giro, di andare dal sacerdote a farsi riconoscere guarito come prescrive la legge e così essere libero dalla separazione sociale che lo vincola in quanto lebbroso. La guarigione è per lui, Gesù non ha altri scopi, lo guarisce perché viva sano e integrato nella vita sociale, perché egli sia “purificato” come aveva chiesto. Ed egli va, sa di essere guarito, sa di non contaminare nessuno e lo grida a tutti: è la gioia della guarigione, insieme alla gratitudine per Gesù e insieme al desiderio che tutti sappiano chi è Gesù. Così egli diventa mediatore, perché altri lo possano incontrare.
La prima lettura ricorda la legge circa i lebbrosi. Il pericolo di contagio costringe a farli vivere lontano dagli altri. È una misura molto dura per le condizioni in cui essi vengono a trovarsi, segregati e praticamente abbandonati. Ma è intesa come una necessità per il bene comune, per questo è interpretata come volontà di Dio e vissuta religiosamente, con la mediazione sacerdotale. A questa regola fa riferimento il brano evangelico.
Il salmo responsoriale invita ad interpretare simbolicamente la lebbra: è il peccato a rovinare la nostra vita e il nostro vivere sociale. Abbiamo bisogno di esserne liberati da Dio.
Il testo di Paolo indica la via della guarigione accolta nella prossimità di Dio in Gesù Cristo: il nostro vivere, in tutto ciò che facciamo, sia un riconoscere che Dio ama e salva. Le nostre relazioni siano mediazione all'incontro con lui. La nostra vita sia modellata su ciò che possiamo comprendere di Gesù. Imitatori di lui.