-- Dio nella nostra storia --
Is 9,1-3.5-6; Sal 95; Tt 2,11-14; Lc 2,1-14;
(Sergio Bastianel SJ)
“Sulla terra pace agli uomini, che egli ama” (Lc 2,14).
Sulla terra che conosciamo, devastata da disastri ambientali, luogo di contese e di ingiustizia, di arbitrarietà economiche e di guerre, la Parola di Dio che si fa carne è realtà e segno di pace, perché Dio ama gli uomini.
Questa parola è vangelo sulla nostra sterilità e sulla nostra lontananza, che non impediscono e non possono vanificare l'opera di Dio. Lasciamo che egli ci associ realmente all'opera sua.
Nel nostro presepio interiore ci sono dei tratti fondamentali, che fanno attuale questa nascita, che necessariamente devono far parte della nostra comprensione di fede sulla nascita del Signore?
Il Vangelo di Luca ne propone alcuni, quelli del tempo.
Dicono l’entrare di Dio nella storia umana narrando questo entrare. Dicono l'operare di Dio nella realtà della storia umana: persone, relazioni, istituzioni…
La nascita di Gesù ha necessariamente un tempo e un luogo. È ricordato da Luca un contesto politico fatto di relazioni internazionali: senza questo contesto non si spiegherebbe come mai Gesù sia nato come il testo racconta. La Palestina del tempo è dominata da una potenza straniera. Cesare Augusto vuol contare i suoi sudditi. I dominati devono eseguire gli ordini. Giuseppe è fra i tanti che si devono muovere per farsi registrare nella città di origine. E con lui Maria, anche se sta per partorire. È così che Gesù nasce a Betlemme.
Anche tra i dominati ci sono condizioni diverse. Sembra di capire che c'è chi si può permettere un alloggio. Giuseppe e Maria non possono e Gesù nasce per strada. Giuseppe e Maria verosimilmente vorrebbero condizioni diverse, ma semplicemente non possono. Ciò che risulta loro possibile è trovare un luogo un po' riparato tra i ripari predisposti per gli animali. In questo sono anche fortunati: possono usufruire di una mangiatoia, verosimilmente il luogo più riparato, per porvi il neonato. Così nella Palestina del tempo nasce un ebreo povero, partorito e curato da persone che pienamente si affidano alla parola e all’operare di Dio, ma che non per questo sono sottratte alle condizioni di vita dei poveri.
Ad un gruppo di pastori, altri poveri, è rivelato il mistero racchiuso in questa nascita. Ed essi vanno e vedono ciò che è stato loro indicato come segno. Vedono questo bimbo e dicono ciò che è stato detto loro. E diventano inconsapevoli mediatori di rivelazione e conferma anche per Maria e Giuseppe.
La Parola di Dio si fa carne, entra nella storia degli uomini assumendo la loro condizione di esistenza, attraverso la mediazione di queste persone credenti.
Altre persone diventeranno credenti in forza dell'incontro con Gesù di Nazareth. Altre ancora nella loro mediazione, in una storia di fede che arriva fino a noi e ci è affidata da vivere e mediare ulteriormente.
Siamo chiamati a vivere con il Signore sulla terra, ad incarnare la comunione con lui, cioè a farla essere storia. Qui, nella nostra storia, forse senza poter “risolvere” i suoi problemi, ma lasciando che anche attraverso il nostro vivere il Signore costruisca quella pace che è dono suo, che è salvezza per gli uomini perché sono amati da lui.