At 2,14.22-33; Mt 28,8-15;

-- (Sergio Bastianel SJ)  --

Due donne (Maria di Magdala e l’altra Maria) incontrano il Signore risorto e sono mandate a portare l’annuncio della risurrezione ai discepoli. Inizia una nuova esperienza del Signore, una nuova familiarità con lui.

Le guardie spaventate vanno a dire ai sommi sacerdoti del terremoto e della tomba aperta. Continua l’indurimento dei capi e la loro ostilità a Gesù comincia a coinvolgere i discepoli, dei quali si dice che hanno trafugato il corpo di Gesù.

Il compimento della salvezza nella Pasqua di Gesù non si impone sulla storia degli uomini. Il compimento è dentro la storia degli uomini. Diventa storia degli uomini attraverso la storia di chi accoglie.

Pietro nel giorno della Pentecoste comincia a parlare pubblicamente del Signore risorto. Non è solo un discorso franco e coraggioso. Pietro vive una nuova, intima e profonda familiarità con Gesù. Pietro, come ha imparato da Gesù, interpreta la situazione presente come possibilità di annuncio. Parla al popolo dell’operare di Dio.

Parla di Gesù che essi hanno ucciso, che Dio ha risuscitato, che i discepoli hanno incontrato risorto. Parla perché vuole il bene di coloro cui parla, vuole la loro conversione. Perciò cerca di spiegare Gesù a partire dalle loro tradizioni, interpretandole. Si sono compiute le attese messianiche, le loro attese. Questi che ora parlano ed essi, ebrei di varie provenienze, capiscono nelle loro lingue, hanno ricevuto lo spirito di Gesù perché l’annuncio della salvezza arrivi a loro.

L’efficacia della Pasqua di Gesù viene narrata nella novità che matura nel discepolo: Pietro è con Gesù, è un poco come Gesù, nel suo capire e nel suo vivere la propria relazione con queste persone alle quali parla.

Chiediamo al Signore che faccia anche in noi questa meraviglia: che, nella profonda familiarità con lui, da lui impariamo a vivere.

 

 

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